giovedì 29 aprile 2010

Grasso: «Il crimine si affina, ma sappiamo combatterlo»


Parlare di mafia perchè il silenzio aiuta la criminalità. È il motivo per cui il procuratore antimafia Piero Grasso ha scritto il suo: «Per non morire di mafia». Il concetto centrale del libro lo ha spiegato Adriana Musella, figlia di un salernitano morto ammazzato dalla mafia, presidente dell’associazione Riferimenti che porta la Gerbera gialla dal sud al nord del Paese: «Nel libro c’è il rapporto tra mafia ed economia, il traffico d’armi che sovvenziona il terrorismo e il rapporto con il mondo imprenditoriale, gli apparati finanziari e la creazione di paradisi fiscali all’estero. Dietro, la politica, che deve rendere tutto questo possibile». Non bisogna abbassare la guardia perchè non ci sono più le stragi, la nuova criminalità organizzata «preferisce l’ombra alla luce». Piero Grasso alla Provincia di Salerno parla di «Indagini in corso, dibattimenti a Caltanissetta, Firenze, Milano, che confermano l’esistenza di contatti in cui si cercava di evitare che le stragi continuassero». Come disarticolare il rapporto tra società e mafia? «Ci sono buone nuove realtà. Per esempio Confindustria Sicilia che fa entrare l’imprenditoria nella lotta alla mafia. In Italia abbiamo strumenti efficaci che ci vengono riconosciuti a livello internazionale, ma oggi i mercati sono aumentati, c’è un politraffico. La criminalità cerca di rendersi invisibile per quanto riguarda la violenza, ma va sugli investimenti che si confondono con quelli legali. E noi cerchiamo strategie più globali, per esempio le indagini patrimoniali. Togliere i beni è la reazione più efficace. Più del carcere». Ha introdotto la presentazione la vice presidente della Provincia Anna Ferrazzano, ha moderato il giornalista Gabriele Bojano, ha partecipato il coautore giornalista Alberto La Volpe (con un riferimento alla brutta pagina scritta a Salerno nella battaglia tra procure). Con loro il procuratore di Salerno Franco Roberti e l’assessore provinciale alla legalità, trasparenza e sicurezza Adriano Bellacosa. Presenti magistrati e forze dell’ordine, e Annamaria Torre, anche lei figlia di una vittima di mafia. E, da un’associazione all’altra, in mattinata a Padula, Grasso, con don Luigi Ciotti, il questore di Salerno, Vincenzo Roca, il direttore del Museo storico della Guardia di Finanza, capitano Gerardo Severino ed il direttore di Telejato, Pino Maniaci, ha ritirato il premio all'XI edizione del Premio internazionale ”Joe Petrosino”. Coordinata dal giornalista Rai, Gianfranco Coppola, la cerimonia alla Certosa, è coincisa con il 150° anniversario della nascita del mitico poliziotto italo-americano, originario di Padula. «Lo dedico a tutti i miei collaboratori, mentre esprimo la mia più profonda ammirazione per Joe Petrosino, che è mito americano ed orgoglio dei padulesi oltre che anticipatore di quanto, nella lotta contro la mafia, sarebbero stati protagonisti Falcone e Borsellino. Fra lui ed i due giudici c'è una continuità che ha nel culto della legalità il momento più alto”, ha sottolineato il procuratore Grasso, non senza aggiungere che ha provato ”sensazioni ed emozioni indescrivibili nel visitare il museo di Padula dedicato a Petrosino». «Il premio non è mio. Per me non esiste l'io ma il noi. Ed è il noi di quel milione di firme grazie alle quali è in vigore la legge per la confisca dei beni ai mafiosi con sentenza di condanna definitiva a loro carico», ha, a sua volta, affermato don Ciotti. Anche il questore di Salerno, come del resto il capitano delle Fiamme Gialle, Severino, ha condiviso il premio con tutti i suoi collaboratori ed in particolare con quanti operano sul territorio nella lotta contro ogni forma di illegalità. «Grazie ad essi - ha detto - abbiamo conseguito nella nostra attività investigativa grossi successi».
pi.car.
(ha collaborato Giuseppe Lapadula)
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IL MATTINO 23/04/2010

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